Eloisa Manera
“Nel cuore ho la musica di Bach, Bartók, Shostakovich, Prokof’ev, Stravinskij, Arvo Pärt, Steve Reich, John Cage. A questa colonna sonora si sono aggiunti in seguito artisti meravigliosi come Hermeto Pascoal ed Egberto Gismonti; George Russell, Charles Mingus e John Zorn sono per me riferimenti importanti. Le note di Davis, Rollins, Monk, Dolphy e molti altri grandi musicisti sono fonte di quotidiana ispirazione.”
(Eloisa Manera, intervista a “Musica Jazz”, marzo 2014)
Violinista, compositrice e improvvisatrice italo-spagnola, di base a Milano, Eloisa Manera è in perenne viaggio alla scoperta delle risonanze di mondi musicali tra loro differenti. Le sue forti radici classiche fioriscono con originalità e rigore nell’esplorazione dei repertori “altri”, dal nuovo jazz all’improvvisazione radicale, fino all’avant-rock, l’elettronica e le tradizioni popolari.
Eloisa la si può incontrare a condividere palco e studio di registrazione, in Europa e negli U.S.A., con artisti dai più vari background e generi, da Enrico Intra a Noa, da Mario Brunello ai Marlene Kuntz, fino a maestri dell’avant-rock e dell’improvvisazione come Chris Cutler, Keith Tippett, Karl Berger. Eloisa è anche componente di formazioni a un tempo innovative e consapevoli delle tradizioni di provenienza, come la Artchipel Orchestra (“miglior formazione italiana” nel Top Jazz 2012, il sondaggio annuale della critica specializzata più qualificata) e il duo Hobo con Massimo Giuntoli.
I suoi contributi e la partecipazione al nuovo jazz in Italia ha portato la storica rivista “Musica Jazz” a includerla nel numero monografico dedicato alle “Donne che stanno rivoluzionando il Jazz”.
La fioritura solistica delle esperienze di Eloisa è avvenuta nel rapporto col team di produzione Almendra Music, dando esito al suo album di debutto da solista e compositrice, “Rondine”: sette tracce in cui il violino solo di Eloisa, col contributo di un’elettronica mai astratta, diventa un iperstrumento per migrare tra jazz e suggestioni ambient, echi di Bartok filtrati dal minimalismo di Steve Reich, dialoghi tra field recording urbani e le corde del violino.